lunedì 29 agosto 2011

IL BOOK TRAILER DI ESAME INCROCIATO

Ecco il video del book-trailer di ESAME INCROCIATO: guardatelo e fatemi sapere:

LE VENTI REGOLE DEL GIALLO DI S.S. VAN DINE

Non uso questo blog per fare "lezioni". Piuttosto lo tengo come una linea rossa, o - se vi pare migliore il paragone - come un tavolino di bar, uno di quei posti dove ogni tanto ci si riunisce attorno, si discute, si lanciano idee, più o meno sballate.... Insomma, uno di quei posti dove, in piena libertà, possiamo esprimere quello che pensiamo.
Ecco, con questo post farò un'eccezione.
La questione è sorta l'altra sera, in un accogliente localino, dove con alcuni amici discutevamo di "ESAME INCROCIATO".
Mi ha disarmato una "vispa" trentenne, Francesca, che - con la grazia di un uragano - mi ha mitragliato di una decina di domande in appena sette secondi, spiazzandomi totalmente.
Scherzi a parte, abbiamo discusso della differenza tra il genere "legal" del romanzo ESAME INCROCIATO ed il più classico modello del "giallo".
Ho vagamente richiamato alla memoria, dove galleggiavano confusamente le venti regole del giallo di S.S. VAN DINE, un grande che ha saputo condensare lo scheletro di un giallo classico in venti asettici punti.
Le posto, un pò per debito di conoscenza verso Francesca, un pò per solleticare la curiosità dei frequentatori del mio "tavolino da bar".

  1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.
  2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.
  3. Non ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all'altare.
  4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è un buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.
  5. Il colpevole deve essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.
  6. In un romanzo poliziesco ci deve essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel capitolo I. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorio non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema.
  7. Ci deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell'assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore dev'essere remunerato!
  8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestione e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica, è battuto "ab initio".
  9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore", un solo "deus ex machina. Mettere in scena tre, quattro, o addirittura una banda di segugi per risolvere il problema significa non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c'è più di un poliziotto, il lettore non sa più con chi sta gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta.
  10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia, una persona cioè, che sia divenuta familiare al lettore, e lo abbia interessato.
  11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.
  12. Nel romanzo deve esserci un solo colpevole, al di là del numero degli assassinii. Ovviamente che il colpevole può essersi servito di complici, ma la colpa e l'indignazione del lettore devono ricadere su un solo cattivo.
  13. Società segrete, associazioni a delinquere "et similia" non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo anche al colpevole deve essere concessa una "chance": ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe.
  14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz'altro escluse la pseudo-scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Jules Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollati domini del romanzo d'avventura.
  15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, se fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione.
  16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dare verosimiglianza alla narrazione.
  17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio, o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza.
  18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore.
  19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali ecc. appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni.
  20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una serie di espedienti che nessuno scrittore poliziesco che si rispetti vorrà più impiegare; perché già troppo usati e ormai familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità:
a) scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciata sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati;
b) il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisca il colpevole e lo induca a tradirsi;
c) impronte digitali falsificate;
d) alibi creato grazie a un fantoccio;
e) cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia;
f) il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente;
g) siringhe ipodermiche e bevande soporifere;
h) delitto commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso;
i) associazioni di parole che rivelano la colpa;
j) alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.
Ai posteri...l'ardua sentenza! ! !
By M.

sabato 6 agosto 2011

GRAZIE A DINO PER LA PAGINA SU LA DECIMA MUSA

Per chi scrive non credo che ci sia emozione più gratificante nel fatto che un'altra persona legga quello che tu hai scritto ed esprima in tutta sincerità quello che ne pensa, magari dandoti suggerimenti e consigli. Con Dino Chiruzzi abbiamo combattuto mille battaglie sul fronte giornalistico, eppure quando lui legge i miei scritti, mi ritrovo come uno scolaretto che va a fare gli esami...
Stavolta l'ho scampata bella.
Anzi, debbo ringraziarlo per quello che ha scritto sulle mie opere nelle pagine WEB del giornale LA SFIDA e dell'Associazione Culturale LA DECIMA MUSA.
Ecco l'articolo: 

MICHELE BARBERA


Scritto da Dino Chiruzzi   
venerdì 05 agosto 2011
Nato a Castelvetrano (TP) nel 1969, laureato in giurisprudenza, oggi svolge la professione di avvocato.
ImageHa collaborato  e collabora a diverse riviste, periodici e giornali locali, pubblicando racconti, articoli e saggi di costume. Ha partecipato alla stesura di diversi soggetti teatrali sperimentali e in dialetto. Nel 1991 ha vinto il concorso nazionale di giornalismo indetto dal Centro Kolbe di Mestre (VE). Nel '92 e '93 partecipa attivamente al giornale locale CRONACHE di MENFI.
Image  Nel 2009 la PHASAR Edizioni gli pubblica il suo primo lavoro letterario NERI di SICILIA, una serie di racconti noir che lasciano il segno nel lettore appassionato al genere. Come è accaduto a chi scrive. L'ho letto tutto di un fiato.
"Ogni racconto è una storia a sè, eppure legata alle altre da un misterioso trait d'union che corre lungo impercettibili algoritmi esistenziali".
Un libro da non perdere, merita di stare nella biblioteca di un giallista appassionato.
Ma il libro che "scuoterà", senza alcun dubbio, la coscienza dei lettori è "Esame incrociato", fresco di stampa, che da giorni sta occopando gli scaffali delle migliori librerie d'Italia.
ImageESAME INCROCIATO è il nuovo romanzo "legal thriller" del nostro amico e concittadino.
Ambientato a Palermo e dintorni, descrivendo fatti, personaggi ed ambiente avvinghia il lettore nella trama e lo porta a vivere un'avventura legale, dura, a volte tragica, ma sempre a dimensione "umana", quasi reale in cui il lettore si immedesima e partecipa sino all'ultima pagina.
Buona lettura a tutti
Dino Chiruzzi 


lunedì 1 agosto 2011

Steve Martini: CHIAMATA IN GIUDIZIO


Gli appassionati del genere "legal" conoscono ed hanno senz'altro apprezzato le opere di Steve Martini. Originario di San Francisco ha lavorato come reporter, occupandosi - ovvio - di giudiziaria. Dopo una agognata laurea in legge si era messo a fare l'avvocato in California (eh, voglio dire, mica nell'ultima provincia della nostra Italietta! ! !). Dopo si è dedicato a tempo pieno alla narrativa di genere legal sfornando un best seller dopo l'altro. 
Delle opere di Steve mi piace innanzi tutto l'intreccio, in genere ben congegnato, che attrae e spinge il lettore ad andare avanti, poi lo stile, asciutto e scorrevole che in materie come il legal è senz'altro un pregio. 
Ho finito da poco "CHIAMATA IN GIUDIZIO", uno dei romanzi più conosciuti e più riusciti di Martini. Il romanzo ripropone al lettore la figura dell'avvocato Paul Madriani ed il compito che l'aspetta è risolvere il dilemma dell'uccisione di un suo collega e del cliente. Un duplice omicidio che porta il protagonista dalle aule di Tribunale sino alle intricate giungle dello Yucatan....
Buona lettura, by M.